RITRATTI DI... PERSONAGGI LUZZESI

FRANCESCO SMURRA
(Luzzi 13 settembre 1927) Professore di Matematica e Fisica, Senatore della Repubblica.

Nato a Luzzi (Cosenza) il 13 settembre 1927 da Antonio Smurra, funzionario del Comune di Luzzi, e da Carmela Pingitore, donna volitiva e di elevate virtù morali, la quale influì moltissimo sull'educazione dei figli.
Fin da bambino si distingue per intelligenza e determinazione. Da giovinetto frequenta la parrocchia e diventa presidente della Gioventù di Azione Cattolica.
Dopo aver frequentato le scuole elementari e medie a Luzzi, e il liceo a Cosenza, si laurea in Matematica e Fisica all'Università di Bari e comincia l'insegnamento nelle Scuola Secondaria Superiore. Ha sposato Anna Nicoletti, docente di Lettere, dalla quale ha due figli: Paolo, ingegnere e Giovanni, avvocato. Ora abita a Roma dove vive con la famiglia. All'attività di docente associa il grande interesse per la politica che lo vede sempre coerente e in corrispondenza alle idee e al pensiero della Democrazia cristiana. Da don Luigi Nicoletti, sacerdote e politico calabrese, apprende che la politica “non deve essere un mestiere ma un servizio”. E che democrazia non significa automaticamente partecipazione di chiunque al governo, alla gestione della cosa pubblica, ma democrazia “meritoria” .
Eletto per la prima volta nel Consiglio Comunale di Cosenza gli viene conferito l'Assessorato al bilancio.
Alle elezioni politiche del 1968, all'età di quarantuno anni, viene eletto Senatore della Repubblicanel gruppo Democratico cristiano. Vicino al ministro Riccardo Misasi, nel 1973, nel quarto e quinto governo Rumor, viene chiamato a ricoprire la carica di Sottosegretario di Stato alla Pubblica Istruzione; carica riconfermata nel quarto e quinto governo Moro. Nel terzo governo Andreotti diventa Sottosegretario al Lavoro e Previdenza Sociale con l'allora Ministro Tina Anselmi.
Nel giugno 1979 riceve la Medaglia d'oro ai benemeriti della Scuola, della Cultura e dell'Arte.
Da Presidente dell'Italgas Sud si distingue per la capacità di cogliere le nuove esigenze della Società e per gli apporti significativi alla metanizzazione del Mezzogiorno.
Sindaco del Comune di Luzzi per tre legislature: la prima volta nel 1971, poi nel 1985 e nel 1990, con alleanze e forze politiche sulla base non ideologica, ma di progettualità, con l'intento di puntare alla ripresa economica e allo sviluppo edilizio e culturale di Luzzi.
Convinto che il vecchio modello di governare non era più in grado di garantire i servizi e le infrastrutture essenziali per una cittadina come Luzzi, profuse le sue capacità individuando i problemi e anche le strategie da seguire per risolverli.
Francesco Smurra, coerentemente con le sue idee, aveva capito in anticipo ciò che occorreva, ciò che mancava, ciò che necessitava alla sua Luzzi.

Molte le opere importanti puntualmente e compiutamente realizzate:
    • Restauro della Casa Comunale (Palazzo Vivacqua)
    • Sistemazione del Centro storico
    • Sistemazione e completamento delle numerose stradelle interpoderali
    • Strada di circonvallazione Piazza Kennedy – Rione Pedale – località Pigne
    • Costruzione di nuovi edifici scolastici (in centro e nelle periferie)
    • Istituzione di nuove scuole:
        - Istituto Professionale di Stato per l'Industria e l'Artigianato;
        - Istituto statale d'Arte (ora Liceo Artistico “ E. Juso” );
        - Liceo - Ginnasio;
        - Scuole materne ed elementari in diverse località del territorio;
    • Sistemazione idrogeologica del vallone Ilice
    • Copertura del torrente San Francesco, da Canale Vecchio a Piazza Kennedy
    • Adozione del Piano Regolatore Generale, redatto dal arch. prof. Carlo Ferrari
    • Costruzione dell'Ambulatorio Comunale in Via Madonna della Cava
    • Autoparco Comunale in c.da Gidora
    • Completamento delle reti idriche e fognante
    • Potenziamento dell'illuminazione pubblica nelle aree esterne e rurali
    • Teatro Tenda (centro per le attività culturali e le manifestazioni canore)
    • Progettazione e finanziamento del teatro all'aperto della Sambucina
    • Erogazione del gas metano a Luzzi e nel suo territorio

Non meno importante è stato l'ampliamento dell'organico comunale e la costituzione di comitati promotori per lo sviluppo agro-turistico della zona Sambucina.
Bene, tutto quello che Smurra ha fatto per Luzzi sono cose visibili, oltre il tempo che ci appartiene! Gli uomini passano, gli esempi e le opere, non sempre facili, restano! Un proverbio antico attribuito a S. Gregorio dice: “Più che le parole persuadono gli esempi.
Francesco Smurra, spirito entusiastico e coraggioso, carismatico e trascinatore, rimane un esempio di persona attenta ai bisogni degli altri perché ha avuto il merito non solo di trovare soluzioni concrete ai problemi della gente del paese, ma anche quello di aver avuto la capacità di portare sempre più in alto il nome di Luzzi.
Sicuramente rimane il leader politico più lungimirante che Luzzi abbia mai avuto!



Il Sindaco, Francesco Smurra alla cerimonia di premiazione del 3° Concorso per la conoscenza, il recupero e lo sviluppo degli aspetti della vita e del territorio di Luzzi (Auditorium Scuola Media S. “ L.G. Coppa” , a.s.1988/89)
Da sinistra: Nicola De Ruggero (Isp. Tec. Ministero P.I.), Aldo Coppa (Isp. Interregionale P.I.), Il Sindaco, Francesco Smurra, Rosa Acri La Verde (Preside della Scuola media), Giovanni Garreffa (Provveditore agli Studi), Antonio Palermo (Vicesindaco), Mario Vicino (Docente di materie artistiche), Umile Montalto (Assessore alla P.I.). Tra i presenti anche Augusto Di Marco (Assessore Regionale alla P.I.).


UMILE FRANCESCO PELUSO
(Luzzi 29 ottobre 1915 - Paola 12 agosto 2013) umanista, educatore e Senatore della Repubblica.

Figlio unico, nasce da Salvatore e Maria Cristina D’Amico, famiglia di umili contadini. Non conoscerà mai suo padre morto nel gennaio del 1916 nella guerra di trincea del Carso.
Per interessamento di un parroco di Luzzi frequenta le classi elementari in un seminario di Novara. Resosi conto, però, della sua poca inclinazione alla vita ecclesiastica ritorna a Luzzi dove consegue la licenza elementare con la maestra Anna Smurra, che egli ricorderà per sempre con affetto e gratitudine. In quanto orfano di guerra, riesce a entrare al Collegio Militare della Nunziatella di Napoli dove consegue con meriti la licenza liceale. Il giovane, però si rende conto che anche la carriera militare non è certo la sua grande aspirazione e decide di lasciare la Scuola militare per iscriversi sempre a Napoli alla Facoltà di Lettere e Storia, mantenendosi agli studi facendo l’istitutore al Collegio dei Poveri di Piazza Carlo III e grazie ai sacrifici della madre che vende la propria casa. Gli studi classici sono la sua grande passione e si laurea brillantemente con una tesi dal titolo “La poesia civile di Gabriele D’Annunzio”.
Neolaureato, rientra a Luzzi e nel 1944 aderisce al Partito Comunista Italiano e collabora al settimanale «Libertà», uno dei primi periodici cosentini dell’Italia liberata, creando polemiche per un articolo abbastanza critico proprio su D’Annunzio, nel quale metteva in risalto la responsabilità del poeta nella nascita e nella formazione del fascismo. L’anno dopo sposa Claudia Vivacqua, figlia di un possidente del paese che gli darà quattro figli: Mirella, Carla, Sandro e Vladimiro.
Già subito dopo la seconda guerra mondiale è animatore di Circoli culturali e cinematografici. Nel 1950, insieme a Renato Zangheri – diventato poi stimato sindaco di Bologna e capogruppo alla Camera del Pci – è fondatore e segretario del primo «Premio Nazionale di Poesia dialettale Città di Cattolica» che, tra gli altri, ha nella giuria Salvatore Quasimodo, Eduardo De Filippo, Luigi Russo. Al premio partecipa, con una lirica in dialetto friulano, Pier Paolo Pasolini, alla sua prima apparizione pubblica, ricevendo il secondo premio.
Insegna Lettere e Storia in varie città d’Italia: Parma, Imperia, Bologna, Rimini, Napoli e in particolare al Liceo Telesio di Cosenza, dove fu maestro ed esempio per generazioni di professionisti e intellettuali, dalla fine del secondo dopoguerra sino all’elezione al Senato della Repubblica nel gruppo comunista, avvenuta il 7 maggio 1972 (VI legislatura). Fa parte della Commissione permanente difesa e della Commissione Pubblica Istruzione come membro aggiunto per la riforma della Scuola. Alle successive elezioni del 20 giugno 1976, viene riconfermato Senatore (VII legislatura): rimane in carica fino al 19 giugno 1979, come membro alla Commissione difesa. Partecipa e contribuisce alla riforma del codice militare-penale e alla stesura dello stato giuridico dell’insegnante, tutt’ora vigente.
Nel 1964 è ideatore e promotore a Luzzi del «Premio Letterario Sambucina» che tra i membri della giuria annovera illustri personaggi di fama nazionale: Luciano Anceschi (filosofo e direttore de «Il Verri»), Francesco Leonetti (romanziere e critico letterario, fondatore di «Officina», insieme a Roberto Roversi e Pasolini), Mario Spinelli (romanziere e studioso di letteratura contemporanea e di politica).
Nel prosieguo degli anni, mantiene sempre vivo l’interesse e la curiosità intellettuale. È promotore di incontri culturali e dibattiti su varie tematiche che spaziano dalla storia all’archeologia, alla poesia, arte che lui tanto ama. Nella Premessa a un suo volumetto di poesie Alma Poësis (1995), in cinquecento copie numerate e firmate, scrive: «Per mio diletto […]. Esercizio letterario o gioco di sillabe e fonemi eletti, lascio che lo dicano gli amici che mi leggeranno». Segue una seconda raccolta di liriche Rose di Pieria (1996). Le sue poesie, un fiotto di fresco sentimento che mai l’abbandona; il suo parlato fluido e chiaro, icastico, inzuppato di quell’educazione letteraria umanistica di riposata e solida cultura. E come scrive Romano Napolitano, una Cultura della quale «ha speso tutta una vita in promuoverla e onorare sommamente».
Negli anni Novanta fonda nella propria villa di campagna, a monte di Luzzi, nei pressi della Sambucina, il Centro Studi e Ricerche «Kytérion» occupandosi di protostoria calabrese, con dibattiti, discussioni e confronti. La sua villa diventa un vero cenacolo letterario.
Oltre a ricoprire la carica di consigliere provinciale, per ben tre consiliature è sindaco di Luzzi dal 1956 al 1964, per poi venire rieletto nel 1980. Notorie sono le sue accese battaglie politiche. Dirigente provinciale del Partito comunista, responsabile Cultura della Federazione per molti anni, con Luigi Gullo tenta un discorso di superamento di quella concezione del Pci appiattita sull’Unione sovietica e sulla sua visione del mondo. Come sindaco, la sua azione meritoria è quella di aver portato la luce elettrica in tutte le campagne e l’acqua in molte contrade; l’aver avviato cantieri di lavoro per la costruzione di strade per collegare il centro abitato con le numerose frazioni del territorio.
Il senatore Peluso (così era comunemente chiamato a Luzzi), è stato un uomo di studi e di pensiero, un maestro di politica e di amministrazione pubblica che ha inciso in maniera significante nel tessuto sociale, economico e culturale, della sua Luzzi, alla quale egli rimase sempre legato.
Per molti anni personaggio di spicco del mondo culturale e politico della Calabria, il 2 marzo 2013 l’Amministrazione Comunale di Luzzi gli conferisce il Premio “Illustri Figli di Luzzi”, con la seguente motivazione: «Professore esimio, Umanista, Sindaco di Luzzi per tre legislature, Senatore della Repubblica, Membro permanente della Commissione Difesa dal 1972 al 1979, Ideatore del “Premio Nazionale di Poesia Sambucina”, Umile Francesco Peluso è certamente uno dei figli più illustri a cui Luzzi ha dato i natali. Il premio vuole essere un riconoscimento all’insegna della gratitudine, un modo per rendere merito a chi ha inciso in maniera importante nella realtà e nello sviluppo socio-culturale di Luzzi».
Muore all’ospedale di Paola cinque mesi dopo, a 98 anni, senza mai perdere il controllo di se stesso. La famiglia per ricordarlo ha istituto il Premio di Poesia «Umile Francesco Peluso» Calabria Enotria.


ALDO COPPA
(Luzzi 10 giugno 1928 - Rende 9 aprile 2009) letterato, ordinario di Lettere Italiane, preside negli Istituti di Scuola Media Superiore e Ispettore Ministeriale Interregionale P.I.

Nato a Luzzi (Cosenza) il 10 giugno 1928, da Beniamino e Amalia Mauro. Il primo di cinque figli, tutti maschi (Aldo, Emanuele, Pietro, Romano e Antonio).
Appena dopo la nascita di Aldo i genitori si trasferiscono a Cosenza dove il padre, Beniamino, aveva avuto la cattedra (Italiano e Latino) nello storico Liceo Classico “B. Telesio” di Cosenza (che oggi è diretto dal giovane e dinamico preside prof. Antonio Iaconianni, persona attiva e operosa, e profondamente premurosa, che alla Scuola dedica le sue fresche energie e il suo entusiasmo, sin dove il suo rigore morale glielo consente).
Aldo rimane orfano del padre (morto a solo 36 anni) all’età di 8 anni. Sua madre, giovane vedova, con cinque bambini dovette tornare a Luzzi. “E fu lo zio paterno Filippo, a prendere le redini della famiglia. Abitavano nello stesso caseggiato”.
Frequenta i primi anni della scuola elementare a Luzzi, e dalla IV elementare alla Maturità Classica a Vibo Valentia - dove aveva ottenuto un posto al Convitto Nazionale “Filangieri”, in qualità di orfano di caduto in servizio alle dipendenze dello Stato.
Figure importanti in famiglia, che segnano il suo cammino, sono gli zii Filippo (avvocato e filosofo) e Nicola (prof. di Scienze). Poeti e letterati “sono di casa”.
Conseguita la Maturità Classica, Aldo torna a Luzzi e si scrive alla Facoltà Lettere dell’Università di Napoli, ma senza frequentarla. A Napoli va solo per gli esami.

Nel corso degli studi universitari consegue il diploma Magistrale. Supera il concorso a Brescia e insegna per i primi due anni a Borgosatollo, piccolo comune della provincia di Brescia. E così, oltre a studiare per gli esami universitari, andava incontro alle necessità dei suoi fratelli e della mamma.
Si trasferisce a Luzzi dove viene assegnato in una scuola elementare di campagna “Matarese”, luogo caro a entrambi i genitori. Qui, a Luzzi, conosce e si innamora di una giovane e bella insegnante Maria Micciulli, che sposerà nel 1961; oggi ella è una donna colta e gentile, sorretta da una straordinaria fiducia e di un profondo e sincero sentimento religioso.
Gli amici più cari di Aldo sono: Francesco Smurra, Antonio Gardi, Salvatore Mauro, Salvatore Pepe, Camillo D’Angelo, Francesco Migaldi.
Nel giugno del 1952 si laurea in Lettere. Continua a insegnare nella Scuola elementare a Luzzi.
Nel 1954 parte per il servizio militare, destinato a Udine (gli era stato rinviato per motivi di studio). Rientra nel 1956, la mamma Amalia poco dopo all’età di 52 anni muore. Prende il posto della mamma la cara zia Ninetta, (sorella del padre nubile): donna premurosa e protettiva.
Il giovane laureato affronta, mano a mano che si bandiscono, tutti i concorsi e si abilita. Successivamente affronta il concorso per l’insegnamento di Italiano e Latino nei licei e negli Istituti Magistrali. Lo supera brillantemente svolgendo il tema in lingua Latina.
Nell’anno scolastico 1960/61 copre la cattedra di Italiano e Latino nel Liceo Classico “B. Telesio” di Cosenza. Era davvero il docente dal concorso facile. Infatti, supera il concorso per Direttore didattico e viene nominato in provincia di Catanzaro; rifiuta preferendo restare al Liceo Telesio dove il padre aveva insegnato e lasciato un ottimo ricordo.
Supera il concorso a Preside. Amantea prima sede, e anche come preside si fa apprezzare e amare.
Nel 1980 supera il concorso di Ispettore Scolastico. Dodici i posti, otto i vincitori.
Dal 1° ottobre 1982 viene nominato Ispettore Ministeriale Interregionale, con sede a Bari. Ruolo che coprirà fino al ritiro della attività per quiescenza.
Dopo 47 anni di servizio conclude la sua brillante carriera, mosso sempre dal senso di responsabilità e dall’onestà che lo ha caratterizzato.
Del suo paese è sempre stato innamorato “Natale in paese / traspare / da tutte le cose… / dall’Aria / dal fumo / dai sogni velati di trepida attesa / e dai bimbi... / E nelle case raccolte intorno al ceppo / è palpabile quasi”. Così in una sua poesia “Natale” (dicembre 1957).
Si possono cogliere in questi versi e in altre sue composizioni accenti di schietta e sincera poesia. In una sua novella “La Goccia” (1949) scrive: «Qui sono nato e qui voglio restare,… dove ogni luogo è un ricordo, dove tutto è silenzio e poesia».
Leopardi avrebbe detto: «La bellezza non si può dimostrare a chi non vede o sente da sé» (dallo Zibaldone).

Quella per Dante, che coltiva sin dal Ginnasio, è una passione grande che gli viene trasmessa nell’ambito familiare.
Nel 2012 esce: “L’Eden di Dante”, uno studio risalente ai primi anni ottanta del Novecento, che raccoglie il frutto delle riflessioni e delle meditazioni dell’autore su gli ultimi canti del Purgatorio in cui si rappresenta e si esprime l’Eden quale Dante lo immagina. L’opera, pubblicata postuma dalla moglie Maria, è uno studio eminentemente didattico. E come scrive Antonio D’Elia, nel suo saggio introduttivo «Per essa la tensione etica del Coppa ed il fascino musicale spingono lo studioso a consegnare al lettore un motivato commento, che trae soprattutto dall’insegnamento scolastico, ossia da quella indispensabile palestra in cui ricerca e didattica devono essere, diremmo, conflati nello spirito di servizio».
Aldo Coppa non ha mai avuto il portamento di uno studioso: è sempre apparso un uomo prima che un intellettuale. Basta guardare alcune sue foto: danno l’idea di una persona piena di vitalità, una persona serena e gioviale: atteggiamento che per natura sembrava possedere. Disciplinato e colto, ma non rigido, aperto al dialogo.
L’amore per Luzzi non lo abbandona mai.
In un giorno di giugno 1988 quando intervenendo alla cerimonia di Premiazione - Auditorium Scuola Media Statale di Luzzi “G. Coppa” - del 2° Concorso per la Conoscenza, il recupero e lo sviluppo degli aspetti della vita e del territorio di Luzzi (ideatore e promotore del Premio l’allora assessore alla pubblica istruzione prof. Umile Montalto), così testualmente si esprime: «Nei ritorni che noi facciamo spesso a questo luogo natio (la nobile Città di Luzzi) il nostro animo - sempre pieno di affetto - ritorna indietro negli anni quando ancora studenti, venivamo educati ai principi e agli ideali eterni dell’arte, del pensiero, della socializzazione, della cultura, della moralità […]. E l’animo nostro sempre si formava, mentre respiravamo le vitali aure del nostro paesello natio, “appollaiato” - come diceva Luigi Genesio Coppa: “fra pini e ulivi bianco come fata / dalla Civita fosca al Sant’Elia”».
Il suo forte sostegno, il pio e immutabile affetto di sua moglie Maria, “Lellè” come lui la chiamava con tono affettivo. Entrambi «sempre mossi dall’amore del buono del bello, dell’onesto» (la Moglie).

La convinzione che l’insegnamento doveva essere una “missione”, capace di coinvolgere i giovani viene ribadita quando, chiudendo un suo intervento a Luzzi, così si esprime: «l’insegnamento può e deve elevare l’animo degli alunni», dimostrando quanto fosse persuasiva la sua spiritualità di cultura.
La sua religiosità: bisogna dire che essa è presente nel profondo della sua coscienza e nella sua poesia. È stato Aldo Coppa che con spontaneità e passione mi ha fatto amare Ungaretti, quando nel lontano 1988 - insieme nella Commissione del Premio Nazionale di Poesia Sambucina - mi disse: “Rileggilo, c’è qualcosa di profondo che tu non cogli”.
Aldo, padrone della parola, era dotato di un talento naturale, che gli permetteva di intuire le situazioni e il momento; era capace di formulare le frasi con arguzia, finezza ed anche ironia.
Mi ritengo fortunato di aver goduto della sua amicizia e della sua stima.
Muore il 9 aprile 2009 a Roges di Rende (Cosenza), dove risiedeva.
Sarà ricordato come uomo acuto e intelligente, uomo di alta cultura e di grande umanità.


GERARDO GALLO
(Luzzi 12 novembre 1919) romanziere, traduttore, conferenziere, storico, epigrammista, latinista, accademico cosentino.

Nasce a Luzzi il 12 novembre 1919 da Angelo, per diversi anni emigrato negli Stati Uniti, e da Maria Fusaro, casalinga, dotata di grande Fede e guidata da una morale irreprensibile, trasmessale dal padre Giuseppe, amministratore del Feudo dei Sanseverino, principi di Bisignano e attento e minuzioso lettore delle opere di Jacques- Bénigne Bossuet, scrittore francese, vescovo di Meaux. Sommo oratore e Padre conciliare nel Concilio di Trento, dove venne posto l’obbligo di rispondere agli attacchi protestanti, riaffermando il rinnovamento della disciplina ecclesiastica e il perfezionamento degli strumenti di controllo a difesa della fede cattolica. Giuseppe, suo lettore inflessibile, divenne un discepolo incondizionato; per lui la morale insegnata dal Vescovo non ammetteva eccezioni. Maria, educata in una famiglia in cui imperava una struttura etica inattaccabile, ha trasmesso la sua formazione ai propri figli, i quali, cresciuti negli anni, hanno poi allentato il legame con gli insegnamenti della madre, mantenendone però la visione complessiva di un’esistenza che fosse in ogni tempo a disposizione dei bisognosi e di coloro che erano sottoposti alla violenza dei proprietari terrieri, esosi e privi di umanità nel pretendere il giusto e l’ingiusto dai loro fondi, a spese dei contadini che li coltivavano.

Gerardo Gallo ha frequentato le scuole elementari a Luzzi e ha terminato gli studi superiori a Cosenza nel 1937. Conseguita la maturità, si è iscritto alla facoltà di Lettere Moderne all’Università di Messina.
Conseguita la laurea, gli si pose, con forza, il problema del lavoro. Studiando intensamente, si preparò per i concorsi, li vinse e prese servizio nel suo paese natale, nella sezione staccata della Scuola Media di Via Monte Santo di Cosenza, di cui era preside il prof. Eugenio Martorelli, il quale gli affidò l’incarico di vice preside. Rimase a Luzzi cinque anni, nell’ultimo dei quali sposò l’insegnante Assunta Zumpano, dalla quale ebbe tre figli: due laureatisi in medicina e una in Fisioterapia. Superato infine il concorso di Italiano e Storia negli Istituti Magistrali, prese servizio nell’Istituto di via De Rada a Cosenza, nel quale insegnò fino a quando non vinse il concorso a Preside e assegnato alla Scuola Media Tommaso Campanella di Cosenza che diresse fino al giorno del suo pensionamento avvenuto nel settembre del 1986.

Non lo ha mai abbandonato la gioia di scrivere. La scrittura ha riempito i suoi giorni. Ecco qui dappresso l’elenco delle sue opere:
  • Voci antiche e nuove, antologia per le scuole medie, Ireos Editrice, Roma,1968.
  • Una colonia di terroni, romanzo, Pellegrini Editore, vincitore del Premio Amantea 1968 e finalista del Premio Sambucina 1970.
  • Cuore di Calabria, antologia di dieci racconti inediti di Nicola Misasi, commentati per le scuole medie, Pellegrini Editore, 1976.
  • Pataffi con o senza graffi, Epigrammi, Ireos Editrice, Roma,1980.
  • Il compasso di Bossuet, romanzo, Crathis Editrice, 1996, vincitore di tre premi letterari: Premio Tre Valli, 1997, Premio Praia a Mare, 1998, Premio Rende, 1999.
  • Storia “minore” a Luzzi, Quaderni dell’Associazione culturale “Insieme per Luzzi”.
  • Una storia lunga quarant’anni, romanzo, Crathis Editrice, 2001.
  • Il nostro diario, autobiografico, Editrice Universal Book, 2004.
  • Il diciotto di dicembre, elegie bilingue in latino con testo italiano a fronte, Edizioni Il Punto, 2006.
  • I fiori del male di Charles Baudelaire, tradotti in endecasillabi, Crathis Editrice, 2006.
  • I Carmi di Catullo, tradotti in endecasillabi, Edizioni Il Punto, 2006.
  • Le Bucoliche di Virgilio, tradotte in endecasillabi, Editrice Universal Book, 2014.

Tutta la produzione letteraria di Gerardo Gallo è alimentata dalla necessità di recuperare, conservare ed esaltare i valori della propria autoctona civiltà, consolidatasi in gruppi umani di un determinato territorio ed intesi come il complesso delle opere culturali, sociali e spirituali di una particolare collettività, dove la comunanza linguistica, etica e religiosa rappresenta la base morale, da cui prendono nutrimento le coscienze per la loro affermazione di esistenza.
Aggiungo a questo mio sintetico giudizio quelli di tre celebrati critici italiani:
  • “Le intuizioni di Gerardo Gallo dei problemi è finissima, la capacità di narrare è sciolta e aperta. Ha uno sguardo profondo ed un senno artistico raro, sa rivivere con accorata malinconia momenti di vita lontani, ma giovanili e stimolanti. Le sue pagine si leggono con grande interesse”. (Antonio Piromalli, Lettere Vanitose, Rubbettino Editore).
  • “In tempi vuoti di valori come quelli attuali, nei quali anche in campo letterario prevale il culto dell’effimero che spinge gli autori a inseguire il successo con opere costruite con l’occhio attento alle esigenze della moda imperante e del mercato editoriale, Gerardo Gallo ha dato alle stampe Il Compasso di Bossuet, robusto, denso di contenuto e fortemente anticonvenzionale, un romanzo artisticamente valido in linea con la migliore tradizione meridionale, la quale trae linfa e forza dalla koinè di un piccolo paese della Presila cosentina, povero e rurale, fortemente legato agli usi e ai costumi della tradizione degli avi”. (Giuseppe Fiamma, Confronto, settembre 1998).
  • “La bellezza del linguaggio di Gerardo Gallo, l’originalità espressiva del suo stile letterario e comunicativo coinvolgono persone e cose. La rappresentazione dei fatti narrati è arricchita da un realistico senso storico e da uno storicismo narrativo agganciato al condizionamento di una cultura palesemente antropologica ed etnologica. Quando l’autore incontra la vera sofferenza umana si commuove e nei suoi sentimenti trascina il lettore. Attorno ai suoi personaggi costruisce anche la storia d’Italia, ne assume la cronaca e i cambiamenti di costume, il rinnovamento economico, la decadenza morale e il conseguente desiderio di emancipazione dall’ipocrisia imperante, l’evolversi di una gioventù, affascinata dai miti della televisione e del successo, verso un solidarismo fondato sulla condivisione dei bisogni delle classi subordinate”. (Domenico Ferraro, Oggi Famiglia, settembre 2007).

Gerardo Gallo è anche Accademico Cosentino. Nell’Accademia ha tenuto molte conferenze di carattere letterario, morale, politico, religioso e di costume, trasmesse in Televisione e pubblicate negli atti dell’Accademia. La sua attività di conferenziere si è svolta in diverse città della Calabria; e a Capri negli anni “2012, 2013, 2014. Scrive su diversi giornali e riviste: Cronaca di CalabriaOggi famigliaIpotesi 80TelesioIdee per la SinistraIniziativaPeriferiaAteneo BruzioCalabria, Parallelo 38, Cultura e SocietàL’Occhio.

Fra i riconoscimenti, il 2010 l’Amministrazione Comunale di Luzzi gli conferisce il Premio “Illustri figli di Luzzi”.


LUIGI GENESIO COPPA
(Luzzi 21 agosto 1897 - Roma 28 dicembre 1956) poeta, insegnante di lettere, direttore dell’Ufficio Storico del Ministero della Pubblica Istruzione.

«Fabbro mirabile di sonetti e di quartine», come l’ha definito Umile Francesco Peluso, nasce a Luzzi dove viene registrato allo stato civile col nome di Luigi e il cognome di Genesio e subito avviato al Brefotrofio di Cosenza. A 24 anni fu riconosciuto come figlio naturale di Emanuele Coppa, e divenne così Luigi Genesio Coppa.
Dopo aver frequentato le scuole elementari nel paese natale, le medie a San Demetrio Corone e il ginnasio-liceo a Cosenza, inizia gli studi universitari a Napoli, per poi trasferirsi a Roma dove si laurea in Lettere col massimo dei voti.
Partecipa alla I guerra mondiale col grado di Tenente e viene decorato al valore militare.
Nel 1929 a Roma sposa Concetta Stumpo, dalla quale non ha figli.
Nella capitale insegna Lettere nelle scuole secondarie e allo stesso tempo svolge un’intensa attività poetica-letteraria collaborando a importanti riviste e giornali con lo pseudonimo di Bruttius.
Di precoce vocazione letteraria, già a 13 anni, nel 1910, quando a Cosenza era alunno dell’Istituto A. Capecelatro retto dai PP. Bigi, pubblica Albe primaverili, un volumetto forse ingenuo nella forma, ma di ispirazione fresca e istintiva. Il Coppa è autore inoltre di altre due lavori molto apprezzati dalla critica: La Questione Romana e I canti della Desolazione.
Ma è nel 1936 che si impone all’attenzione del pubblico con Porpore Latine, edita dai tipi della casa editrice «Dante Alighieri»; una raccolta di poesie dove sono presenti le forme classiche e i metri antichi, e come lui stesso scrive «vari di tempo, di valore, e d’ispirazione». È qui che la sua anima conserva un fondo romantico da cui affiorano ricordi, immagini che sono vivi in lui, e così compenetranti con la nostra terra di Calabria e con la gente del paese natìo a cui è legatissimo, e dove torna sempre con tanta gioia e amore.
I suoi versi strutturati in una sintassi latineggiante e non privi di raffinatezza, sono prima di tutto un ampio respiro lirico. Egli riesce a scendere nella profondità del proprio animo facendo rivivere la propria vita nella potenza creatrice della parola, che si fa eco e risuona senza fine.
Una poesia, quella di Porpore Latine, spesso altamente, profondamente lirica, dove l’impegno teoretico ed espositivo palesato finisce per lasciare il posto alla sua naturalità alla maniera carducciana; che ne trae, direi, quella sua stessa inconfondibile regola di vita che lo porta verso le azioni più nobili. Le poesie di Luigi Genesio sono un elemento certamente prevalente che ci consente di riconoscere la sua funzione evocatrice, che da sole resistono al tempo e all’oblio.
Noto anche come traduttore di poeti latini, francesi, tedeschi, nel 1937 a Bagni di Lucca gli viene conferito un premio di poesia per l’ode «Canto di Cesare che torna» (l’anno prima aveva scritto le parole dell’Inno dei figli della lupa, musicato da Nazareno Padellaro).
Non vi è dubbio che, uomo di grandissima e vasta cultura, appartiene alla migliore tradizione poetica calabrese, che rimane per sempre il suo mondo, consono ai suoi ideali e ai suoi interessi.
Partecipa come ufficiale anche alla seconda guerra mondiale e successivamente viene chiamato presso lo Stato Maggiore dell’Esercito dove ottiene la nomina di Vice-Segretario dell’Ufficio Storico. In seguito alla sua partecipazione alla lotta clandestina, durante l’occupazione tedesca, viene perseguitato, arrestato, per essere stato uno dei capi del gruppo che nascose, salvandolo, l’Archivio di guerra dell’Esercito
Assertore del Liberalismo Cristiano, nel 1947 fonda il periodico «Nuovo Liberale», che dirige fino 1954. Per vario tempo ha la direzione dell’Ufficio Storico del Ministero della Pubblica Istruzione e fa parte del Gabinetto del ministro Gonella per la Riforma della Scuola.
Prima di morire a Roma, a soli 59 anni, grazie anche all’interessamento del prof. Ettore Parise, fa omaggio alla Scuola Media di Luzzi (all’epoca Istituto professionale per il Commercio), della sua “ricca” biblioteca, dimostrando il suo grande attaccamento alla sua terra,
Nel 1962 gli viene intitolata la scuola media di Luzzi, prima Scuola di avviamento Professionale a tipo Commerciale. In quell’occasione, nel verbale del collegio dei professori relativo all’intitolazione della scuola, il preside Ettore Parise scrive: «Tra i luzzesi memorandi per altezza di intelletto si annovera Luigi Genesio Coppa [che]… nelle scuole primarie e secondarie della capitale, per lunghi anni, elargì la sua arte magistrale, interpretò le ansie del corpo insegnante, agitando e risolvendo problemi di vasto impegno sulla stampa e nelle assisi della categoria, offrì esempio di dedizione assoluta al dovere».
Nel 1971, nei pressi di Piazza Kennedy di Luzzi, fu inaugurato un monumento a questo illustre figlio, rappresentato da un busto in bronzo posto su una stele marmorea posata su un basamento in marmo. Sulla stele è incisa in caratteri bronzei, la seguente scritta: «A/ Luigi Genesio Coppa / poeta / la scuola / il popolo / l’Amministrazione / Comunale / di / Luzzi / MCMLXXI».


ETTORE PARISE
(Luzzi 10 settembre 1914 - Paola 12 agosto 1984) umanista, educatore e stimato uomo politico.

Ettore Parise, nasce a Luzzi il 10 settembre 1914 da Paolo e Teresina Cilento. Un personaggio che non deve rimanere sconosciuto alle giovani generazioni. Egli, infatti, ha il merito di aver contribuito, in misura importante, a fare la storia e a far conoscere la nostra Luzzi.
Ettore Parise è stato un esempio, una guida, una luce per tanti giovani luzzesi ansiosi di trovare riscontro nelle più efficaci attinenze con la vita pubblica. Fu primo insegnante di lettere e poi Preside all'I.T.A.S. di Cosenza, dove si distinse sia sotto l'aspetto didattico-professionale che umano.
Venne a Luzzi come Preside della Scuola Media Sperimentale, che egli stesso intitolò al poeta luzzese “Luigi Genesio Coppa”1 e si distinse ancora sia sul piano organizzativo che in quello pedagogico-sperimentale.
A Luzzi istituì i corsi serali, per dare a tutti la possibilità di conseguire il titolo di licenza media. Il suo progetto era quello di far proseguire gli studi a tutti quegli studenti che ne avevano interrotto la prosecuzione a causa delle difficoltà familiari.
Sotto l'Amministrazione del senatore Smurra, come vicesindaco, divenne subito un punto di riferimento per ogni iniziativa culturale e per questo senza mai mancare ai suoi impegni di educatore. Seppe coinvolgere nel suo lavoro professionisti di ogni ambiente sociale, soprattutto gli amici che ebbe più vicini, e a lui rimasti legati, quali: il giornalista Michele Gioia con il quale fondò nel 1977 “Il Veltro di Sambucina”, l'avvocato Antonio Gardi, il prof. Camillo D'angelo, il prof. Filippo Vivacqua, il prof. Luigi Aiello e l'intraprendente Biagio Durante.
Ettore Parise, uomo di fine cultura, era un liberale convinto, aveva la capacità di dialogare con tutti, anche con quanti erano lontani dal suo mondo culturale o dalla sua appartenenza politica, mettendo sempre a suo agio, quale che fosse il suo livello culturale.
Ne conservo un ricordo vivo, soprattutto per averlo avuto come insegnante di lettere e poi come Preside alla scuola media. Chi lo ha conosciuto bene sa che, anche scrivendo in prosa egli dimostra di essere un poeta. La scrittura era la sua passione segreta.
La sua mirabile penna scrive: “[…] lo sguardo si posava muto e scolorato su tutte le cose giacenti nella tetra immobilità dello spazio e nella malinconia di quel tempo... Mi ricomparve nel silenzio delle seguenti notti, quando certe veglie distaccano dall'oscurità le figure umane, vive o morte, meglio che dalla luce lo stesso raggio di sole”.
E ce lo ricorda ancora il suo più caro discepolo, prof. Antonio Crocco dell'Università di Salerno, quando scrive: “Nobile figura di educatore e di maestro, scrutatore profondo dell'animo dei giovani, nei quali infondeva sogni, speranze, ideali, non spenti, ma ravvivati dal grande dramma della sua vita: la perdita nel fiore degli anni della sua dolce e dilettissima Cecilia.
Spirito superiore, sereno e composto nelle sventure, appassionato cultore delle memorie patrie, attento e sensibile ai valori della religiosità ed ai problemi della vita sociale e politica”.
Sognatore di alti ideali culturali ed etici, sulle orme di Gioacchino da Fiore e di Dante, i due ‘spiriti magni’ spesso presenti al suo animo.
Muore all'ospedale di Paola (Cosenza) il 12 agosto 1984. Di lui rimane la sua eredità scolastica, la sua eredità nel donarsi.



1 Nel verbale - del Collegio dei professori - 18 dicembre 1962 - attinente all'intitolazione della scuola al nome di Luigi Genesio Coppa egli scrive: “Le qualità del suo cuore, vibrante di eccelsi sentimenti e del suo intelletto, schiuso alle attrazioni più nobili della vita nel vario e perenne svolgimento di giorni e di opere, Luigi Genesio Coppa cantò in poesia […] negli aspetti della nostra gente e nelle visioni della nostra terra di Calabria”.


CESARE MARCHESE
(Luzzi 21 marzo 1927 - Luzzi, 15 marzo 2002) Medico condotto - Ufficiale sanitario.

Cesare Marchese nasce il 21 marzo 1927 a Luzzi in una buona famiglia agiata.
Il papà, Eugenio, Ispettore Scolastico, e la mamma Assunta Scola, molto affabile e sempre disposta ad aiutare chi si trovava nel bisogno.
Frequenta il Ginnasio e il Liceo classico presso i salesiani a Castellammare di Stabia (Napoli). Si laurea in Medicina e Chirurgia all'Università di Napoli. Consegue la specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva nell'Università di Messina.
Nel 1964 sposa Raffaella Coppa, figlia unica e adorata dal padre, cresciuta in un ambiente familiare nobilmente culturale e cristiano, che oltre ad amarla, l'hanno caldeggiata ad essere se stessa.
Svolge a Luzzi l'attività di medico condotto fino alla legge sanitaria del 1978, che ne sancisce la scomparsa, e poi medico di famiglia, per quasi 40 anni.
E, sempre a Luzzi gli viene assegnato l'incarico di Ufficiale Sanitario, fornendo così la propria assistenza 24 ore al giorno.

Aveva con tanti suoi pazienti una grande confidenza, e molti verso di lui un grande riguardo. Sapeva parlare ai pazienti come pochi altri; “Don Cesarì”, così lo chiamavano “familiarmente” tutti quelli che l'hanno conosciuto e gli anno voluto bene. Tra i miei più bei ricordi ci sono le visite, nei giorni di Natale, quando questa ricorrenza, oltre alla sua valenza religiosa, era anche un'occasione di incontro per parlare delle nostre usanze, radicate e significative, così che in questo clima speciale imparammo ad amare sempre più il nostro paese e a stimare le sue bellezze e i suoi costumi.

Chi ha conosciuto Cesare Marchese lo descrive come un uomo affabile e generoso, dotato di profonda umanità. Michele Gioia scrive di lui: “Dell'uomo mai dimenticheremo la dolcezza, la modestia, la bontà, la generosità [...] la cui esistenza terrena va indicata ad esempio, soprattutto per le nuove generazioni.
E ha ragione l'amico carissimo Beniamino Dima quando lo definisce uno degli ultimi veri medici di famiglia”1.
E lo ricordano ancora Maria Micciulli e Aldo Coppa: “Cesare Marchese era un galantuomo, una persona d'altri tempi. Discreto, gentile, di poche parole ma di grande cuore [...] amico di tutti... e riservato”2.
La sua conoscenza di medico può essere ben compresa solo alla luce della sua ferma convinzione del diritto alla vita, inteso come il suo testamento spirituale.
Un medico amorevolmente sollecito verso i suoi pazienti, la cui esistenza è stata ritmata da alcune decisive direttive, innanzi tutto la cura dei malati, soprattutto per chi era vecchio e solo. Mai corrotto dal culto dell'apparire: non piaceva sentirsi al centro dell'attenzione, e non si compiaceva mai di se stesso.
La sua ineccepibile condotta professionale è considerata dal figlio Eugenio, anch'egli medico, esempio cui fare sempre riferimento nell'esercizio della sua professione.
Muore, tra il calore della famiglia, all'età di 75 anni, il 15 marzo 2002.
Lascia ai tre figli Eugenio, Maria Assunta e Maria Antonietta l'eredità di un nome onoratissimo e degno del suo “apostolato” di medico, ancora vivo nella memoria collettiva dei luzzesi.

Matrimonio di Raffaella e Cesare Marchese, 1964

Matrimonio di Raffaella e Cesare Marchese, 1964
Da sinistra: Nicola Coppa (papà di Raffaella), Assunta Scola (madre di Cesare), Raffaella Coppa,
Cesare Marchese, Eugenio Marchese (papà di Cesare), Antonietta De Marco, madre di Raffaella Coppa.


1 da Il Veltro di Sambucina, maggio 2002
2 Ibidem


UMILE PLASTINA
(Luzzi 15 settembre 1930 - Luzzi 29 luglio 2013) sacerdote ed educatore.

Umile Plastina nasce a Luzzi il 15 settembre 1930 da Emilio e Maria Pizzo.
All’età di appena un anno muore la madre; all’età di sei anni, nella guerra di Abissinia in Etiopia (1936), perde il padre.
Frequenta le scuole elementari come orfano, nell’Istituto Padre Giovanni presso il Seminario di Gioia Del Colle (Bari); le scuole medie nell’Istituto Principe Piemonte a Potenza, il ginnasio nel Seminario Diocesano di S. Marco Argentano; completa gli studi liceali nel Seminario Pontificio Pio XI a Reggio Calabria.
Ordinato sacerdote nel Duomo di Cosenza nel 1955, viene subito dopo assegnato alla parrocchia del Santissimo Salvatore in Policastello, frazione di S. Donato di Ninea (Cs).
Nel 1963 gli viene affidata la guida della parrocchia di S. Maria Assunta in Sambucina, dove, per quindici anni, fino al 1978, esercita il suo apostolato con grande dedizione, condividendo con i suoi fedeli fatiche gioie e dolori.
Nel 1978 il vescovo di Cosenza, Mons. Enea Selis, lo nomina arciprete della parrocchia di Santa Maria (Chiesa Matrice), dove subentra a Mons. Francesco Ceraldi, grande predicatore.
Dal 1978 al 2010 è anche Rettore del santuario della Madonna della Cava o “Sanità”, dove si attiva per far avviare e completare i lavori di restauro della chiesetta e dell’antistante piazzale, grazie anche alla efficace collaborazione di un comitato e di tantissimi fedeli.
Per molti anni fu insegnante alla Scuola Media, all’Istituto Statale d’Arte e al Liceo Classico di Luzzi, dove si fa apprezzare dai colleghi e dagli allievi.

A Don Umile sono legate iniziative che hanno lasciato un segno. Nel 1980 fonda a Luzzi, assieme ai giovani dell’Azione Cattolica della Parrocchia, il gruppo Getsemani, di cui diventa la guida spirituale, un riferimento sicuro per i giovani che hanno bisogno di ascolto e di rapportarsi verso gli altri.
Nell’ottobre del 2001, in una manifestazione delle scuole di Luzzi, rivolgendosi ai giovani, dice: “Cari Giovani quello che voi fate oggi è una concreta iniziativa per la pace, necessaria per il vostro futuro. E’ necessario costruire un futuro di pace con tutti i mezzi possibili convertendo i nostri cuori alla pace. E se la pace è nei cuori allora e anche nella famiglia, nella società, nel mondo”.
Entrare nella sfera di un uomo è sempre difficile, ma lo è ancora di più se questo uomo è un ministro di Dio, verso il quale uno nutre stima e affetto. Spesso i sacerdoti svolgono un ruolo non secondario per la formazione dei giovani. E come dice il grande fisico e filosofo francese Pascal: “Qualcosa resta coerente con quanto detto e fatto nel passato”.
Don Umile merita un posto di primo piano nella vita della società luzzese della seconda metà del secolo scorso, non soltanto perché sacerdote buono, ma soprattutto per il suo modo di essere e di agire, profondamente umano, amichevole, accogliente, ricco di carità cristiana. Una guida per tante generazioni di giovani, che a distanza di anni lo ricordano ancora come il Parroco Educatore, affettuoso e disponibile, un riferimento sicuro per tutti i parrocchiani in stato di bisogno.
Don Umile, uomo prudente e saggio nei consigli, nutrito di studi teologici e pedagogici (lo testimoniano le sue omelie semplici ma dense di contenuto), un sacerdote che sapeva scavare in quella profondità del cuore dove alberga l’amore vero, che è quello della Madonna.
Per avere la pace dobbiamo vedere Cristo in ogni uomo. Egli ha saputo, con il parlare semplice e convinto, evangelizzare i giovani, gli adulti e gli anziani. Alla base di questo lavoro pastorale aveva messo la carità, la condivisione con tutto e con tutti.
Una costante caratteristica della sua vita essere sempre sereno e attento nei compimenti dei suoi doveri sacerdotali.
Dopo alcuni anni di infermità, davanti al mistero della sofferenza, che accetta come cammino per arrivare alla santità, muore nella notte del 29 luglio 2013 con animo sereno e con fiducioso abbandono alla volontà del Signore.


FRANCESCO GIORNO
(Luzzi 29 dicembre 1920 - Gorianowskije, fronte Russo, 29 settembre 1941) Giovanissimo caduto in difesa della Patria.

Francesco Giorno nasce a Luzzi (Cosenza) il 29 dicembre 1920 da Raffaele e Concetta D'Amico.
Sposa Erminia Leone, giovane di 17 anni, da cui ebbe due figli Giuseppe - docente emerito di italiano e latino nei licei - e Francesco già dipendente del Genio Civile di Cosenza.
Il primo figlio nasce a febbraio del 1940, poco prima che l'Italia entrasse in guerra. Deve partire a marzo del 1940 per Roma per il servizio Militare. Quando, nel giugno del 1940, l'Italia entra in guerra a fianco della Germania, contro Francia e Inghilterra, è in prima linea. Rimane ferito ad una gamba e viene ricoverato per circa un mese in ospedale. Ottiene una licenza a febbraio 1941, troppo breve, perché deve ripartire per la Jugoslavia e da qui per la Russia (che venne improvvisamente attaccata nel 1941 dai tedeschi).
Le sofferenze, le privazioni, il freddo, la fame sono descritti nelle ultime due lettere, che scrive alla moglie e al cognato: “Sono stato 45 giorni a camminare e sparare sotto la pioggia e il freddo […] dimentichi il sonno e rimani senza mangiare niente, perché i viveri non possono arrivare”.
Sul fronte russo (non aveva ancora compiuto ventun anni) viene ferito mortalmente, in uno scontro a fuoco con il nemico, il 25 settembre 1941.
Nel novembre del 1947, da parte del Ministero della Difesa gli viene conferita la Medaglia d'argento al Valor Militare con la seguente motivazione:
“Nel corso di un aspro combattimento per l'espugnazione di un abitato tenacemente difeso dal nemico superiore in forze sotto violento tiro di mitragliatrici riusciva ad avvicinarsi con altri camerati a distanza d'assalto. Lanciatosi con gruppi di difensori, concorreva a neutralizzare la loro azione di fuoco, e, benché gravemente ferito in più parti, trovava ancora la forza per abbattere un avversario. Rifiutava il soccorso di un camerata per non distoglierlo dall'azione e si trascinava, poi, quasi esamine, al posto di medicazione, ove spirava”. (Gorianowskije, fronte Russo, 29 settembre 1941)

Quando a Luzzi arriva la notizia ufficiale della morte, la moglie dà alla luce il secondo figlio, che porta il suo nome, Francesco, come lui aveva indicato nella sua ultima lettera (concepito durante una licenza premio).

Nel settembre 1995 le spoglie mortali di Francesco Giorno rientrano in Italia, all'aeroporto Ronchi dei Legionari di Gorizia, nel Sacrario Militare di Redipuglia, nel cimitero militare del Verano a Roma, e infine a Cosenza presso la cappella della Caserma “L. Settino”. I resti rientrano a Luzzi nel maggio 1996, accolti dalla comunità luzzese: alla cerimonia erano presenti tutte le autorità cittadine. Oggi riposa nel cimitero di Luzzi.

Indubbiamente, questo giovanissimo soldato rimane nella storia di Luzzi e della Nazione perché ha incontrato la morte sul campo di battaglia, coscientemente. Onoriamo questo nostro soldato sacrificato per la Patria, come si addice a un vero Eroe!1


Luzzi, Piazza Kennedy, 21 maggio 1996. La cittadinanza luzzese, con le autorità militari,
civili e religiose, accoglie solennemente i resti del soldato Francesco Giorno.


1 Le notizie e le foto mi sono state fornite personalmente dal figlio Francesco.
Per altre acute osservazioni vedi: Claudio Cortese, Eroi senza Storia, Pubbliepa edizioni, 2009.


Dante Girardi
(Luzzi 8 febbraio 1929 - Luzzi 19 settembre 2010) Appassionato cultore della poesia.


Dante Girardi nasce a Luzzi (Cosenza) l’8 febbraio 1929, da una numerosa famiglia di contadini.
In tenera età segue prima il padre nel lavoro dei campi e in seguito impara il mestiere di calzolaio. Nel primo dopo guerra, il giovane Dante è deciso ad aprire un’attività in proprio, ma poi desiste perché la nuova industrializzazione non dà più garanzie a chi decide di intraprendere il mestiere di artigiano.
Negli anni Cinquanta, parte della famiglia Girardi emigra in Argentina, - ove tuttora alcuni suoi parenti risiedono -, Dante, invece, resta a Luzzi, dove frequenta la scuola elementare e consegue con profitto la Licenza Media; frequenta poi anche l’Istituto Magistrale a Cosenza.
Dante nutriva una certa vocazione per la matematica, tanto che il suo insegnante gli chiedeva spesso di aiutare i suoi compagni. Ma anche a casa, egli era sempre pronto ad aiutare ‘a fare i conti’ giovani e anziani del paese, guadagnandosi la stima di tanti.
Nel 1962 sposa Ermelinda Pingitore dalla quale ha due figli: Antonio, anch’egli dipendente delle Poste, e Maria, impiegata di concetto al Comune di Luzzi.
La svolta nella sua vita lavorativa avviene quando entra, come coadiutore, nelle Poste Italiane, dove chiude la sua carriera da Dirigente Principale di Esercizio. Dande in tutti gli anni passati negli Uffici Postali, in particolare in quello di Luzzi in qualità di Direttore, ha dimostrato competenza e serietà, cercando in ogni modo il dialogo e la collaborazione dei colleghi, con i quali si è mostrato sempre discreto e disponibile.
L’amore per il sapere, comunque, lo porta a studiare i grandi classici della letteratura italiana, in particolare Virgilio e Dante Alighieri. Le continue letture fanno nascere in Dande Girardi una fervida vena poetica, che coltiva in silenzio, tra le mura di casa per tutta la vita. Egli si rende conto di avere la propensione a comporre versi, in vernacolo e in lingua, e così pian piano crea gli “Omnia Carmina”, un complesso di poesie racchiuse in singoli volumetti, ancora inediti, cosi titolati:
I Canti della mia Anima (Raccolta)
Sintesi di Vita (Poemetto)
Carmine Inculta (Raccolta)
Il Teatro dell’Opera (Poemetto saffico)
Fremitus Aspri (Raccolta)
Ultimi Raggi (Raccolta)
L’Urbe e le Glorie (Sonetti)
Daedalus (Sonetti)
Risus in Fabulis (Sonetti)
Dalla Vanga alla Gloria (Raccolta)
‘A Vuci ‘i Mamma (Dialetto)
Sono versi rimati, sciolti, endecasillabi ipermitri, che aprono a una molteplicità di dialoghi possibili prossimi o remoti che siano. E il tutto con grande sensibilità e grande immaginazione. Versi omogenei nella loro intelaiatura ritmica, e mai ripetitivi. Una Poesia, la sua, che ha dell’originalità e del singolare.
“Spiriti eletti nell’eterno mare / Ivi tu regni, o Musa, degli amori / che distacchi l’umano dal piacere / per corone purissime d’alloro" (Estasi).
Similitudini, allegorie, collegamenti storici.
“Secoli ed usi passano fugaci / e non batte l’incudine il martello” (Vuoti teschi).

Fra le tante certezze che mancano, c’era il suo modo di vivere la vita attraverso la Poesia che lo spingeva a uscire dal suo silenzio interiore, e parlare con gli assenti. “Il divino diventa più profano/e cancella valori invalso ardire/Sono cuori di pietra senza chiave (Fossili).
Il suo ultimo lavoro dal titolo “Sulle orme del Vate”, si ispira al sommo poeta Dante Alighieri e riprende temi della Divina Commedia.
Come i poeti onesti e sensibili, Dante Girardi è rimasto sempre persona non manipolabile, di chiare idee democratiche. Uomo sereno e giudizioso, metteva sempre al primo posto l’unità della famiglia, e spesso ricordava che ci sono valori più importanti di quelli materiali.
Da ricordare ancora il suo impegno sociale, quale membro del Direttivo della FNP (Federazione Nazionale Pensionati di Luzzi), per la quale ha composto L’Inno dei Pensionati, dedicato alla gioia di vivere.


Ha vinto diversi premi di Poesia:
1a, 2a e 3a edizione Premio Nazionale Crati - Sez. Poesia, (anni 2002 /2003/2004).
Premio Sambucina-Luzzi - 2a edizione Poesia (anno 1989).
1a edizione Premio Nazionale di Poesia e Saggistica “Duonnu Pantu”, Aprigliano (CS) 2002.
Dante Girardi, pervaso di fede cristiana, muore a Luzzi il 19 settembre 2010.